Regolamentazione delle sperimentazioni cliniche: un aiuto o un ostacolo?

Messaggi chiave

  • La regolamentazione della ricerca è inutilmente complessa
  • Gli attuali sistemi normativi per la ricerca scoraggiano una corretta sperimentazione dei trattamenti, che contribuirebbe a una migliore assistenza sanitaria
  • Nonostante i pesanti requisiti normativi imposti ai ricercatori, i sistemi di regolamentazione fanno poco per garantire che gli studi proposti siano realmente necessari
  • La regolamentazione della ricerca non fa abbastanza per monitorare e controllare le sperimentazioni già approvate

Introduzione

Avrete ormai capito che, troppo spesso, non vengono effettuate delle attente valutazioni dei trattamenti, lasciando che rimangano inutili incertezze. Paradossalmente, come commentato in precedenza, alcuni atteggiamenti largamente diffusi trattengono gli operatori sanitari dal lavorare con i pazienti per comprendere meglio gli effetti delle cure. E, per quanto strano possa sembrare, i sistemi per la regolamentazione della ricerca medica nella maggior parte dei paesi contribuiscono a questo problema, inducendo una scissione artificiale tra ricerca e trattamento.

Si ritiene che la ricerca sia un’attività molto rischiosa, che richiede un controllo rigoroso, mentre il trattamento di routine è considerato molto meno problematico, anche se, come abbiamo descritto, i pazienti possono essere messi a rischio dal fatto di ricevere trattamenti che non sono stati valutati o che lo sono stati in modo inappropriato, al di fuori di un contesto di ricerca.

Perché la ricerca è considerata un’attività rischiosa che necessita una speciale regolamentazione, mentre il trattamento di routine (che coinvolge molti più pazienti) non lo è? Non si può negare l’esistenza di una lunga serie di abusi da parte dei ricercatori, che ha compreso esperimenti in cui i pazienti sono stati sfruttati e utilizzati come mezzi per un fine. Ed è vero che, di tanto in tanto, qualcosa nella ricerca non va per il verso giusto, dando vita a un gran numero di storie terrificanti. C’è poi sempre la preoccupazione che, quando le persone partecipano ad una sperimentazione, i loro interessi individuali possano diventare meno importanti per gli operatori sanitari, rispetto alle esigenze generali della ricerca.

La situazione è ulteriormente complicata dalla grande variabilità di motivazioni dei ricercatori: mentre alcuni conducono studi principalmente a beneficio della collettività, altri sono chiaramente attratti dal denaro o da prospettive di avanzamenti di carriera. Talvolta, può essere difficile giudicare quali siano le motivazioni dei ricercatori; di conseguenza, la ricerca può apparire come una prospettiva allarmante per i pazienti e per i cittadini.

In parte, questa è la causa dell’alto livello di regolamentazione della ricerca in ambito sanitario. I comitati indipendenti generalmente noti come Comitati Etici per la Ricerca (Research Ethics Committees o REC, in Europa) o Institutional Review Boards (IRB, negli Stati Uniti) hanno contribuito a proteggere le persone dagli abusi perpetrati nel nome della ricerca. Essi esaminano ogni progetto di studio, raccomandandone la prosecuzione o meno, e svolgono un ruolo importante nel supervisionare le attività di ricerca e rassicurare la popolazione sul fatto che gli studi approvati siano stati progettati nell’interesse dei pazienti.

Questi comitati sono spesso costituiti da volontari non pagati, tra cui anche dei “non addetti ai lavori”. Essi esaminano diversi tipi di protocolli di studio (in cui i ricercatori pianificano ciò che intendono fare) e tutte le informazioni che verranno fornite a coloro che potrebbero prendere parte alla sperimentazione. I comitati possono esigere che i ricercatori modifichino i protocolli o le informazioni per i partecipanti.

Senza l’approvazione dei comitati, gli studi non procederanno. Essi contribuiscono pertanto a garantire che chi prende parte alla ricerca non sia messo a rischio inutilmente, e rassicurano i partecipanti allo studio e la collettività che i ricercatori non saranno liberi di fare semplicemente ciò che vogliono.

La ricerca è soggetta a molte altre forme di regolamentazione. Nella maggior parte dei paesi, esistono leggi specifiche in merito: tutti gli stati dell’Unione Europea, per esempio, devono essere conformi alla Clinical Trials Directive (Direttiva sulle Sperimentazioni Cliniche), che stabilisce i requisiti in materia dei cosiddetti “studi clinici con prodotti medicinali”, ovverosia le sperimentazioni sui farmaci. Diversi paesi applicano anche sistemi normativi che interessano tutti i tipi di ricerca, o la maggior parte di essi, in ambito sanitario. Molte altre leggi possono influenzare la ricerca, pur non essendo state progettate appositamente: le normative sulla protezione dei dati, ad esempio, pensate per proteggere la riservatezza dei dati personali dei cittadini, si applicano, in molti paesi, alla ricerca medica. In gran parte del mondo, solitamente, vengono coinvolte nella regolamentazione della ricerca anche diverse agenzie.

La conduzione di una sperimentazione è regolata inoltre dai codici di comportamento professionale e dalle dichiarazioni internazionali. Medici ed infermieri, per esempio, sono vincolati dai codici di condotta dettati dai loro ordini professionali e, se li violano, rischiano l’espulsione o altri tipi di sanzione. Le dichiarazioni internazionali, come la Dichiarazione di Helsinki dell’Associazione Medica Mondiale, sono spesso molto influenti nel definire gli standard di comportamento, anche quando non hanno valore giuridico.